In un'altra lettera sempre il Caltabiano, comunica al Custode che i castagni volgarmente chiamati di S. Agata sono sedici e quelli che "stima Ella degni di marcarsi per la loro smisurata grandezza, mi dice di essere n. 8, cioè uno nelle terre di Mariano Niceforo, sei in quelle degli eredi del fu Giacomo Pennini e uno nelle altre del fu D. Filippo Branconi; onde Ella potrà subito farli marcare a nome del Re, col braccio di codesto Regio Conservatore che non può negarsi di darlo".
Sicuramente l'applicazione della legge borbonica del 1778 ha contribuito alla conservazione del patrimonio boschivo in Sicilia e, in particolare, dei suoi elementi più appariscenti, almeno fino a tutto il XVIII secolo.
Sulle cause inerenti al deperimento dei boschi siciliani Schirò (1860), ricorda che fino a quando "il feudalesimo tenea quasi tutta la superficie dell'isola divisa nelle mani di pochi baroni costoro, sia per quella indolenza, che è naturale all'agiatezza dell'aristocratica vita, sia per la mancanza di braccia, non sufficienti a coltivare le loro estesissime possessioni, conservano più a lungo i loro boschi... Appena però questo feudalesimo vi fu abolito, e con esso il fedecommesso; ed avvennero quindi le divisioni e le suddivisioni delle grandi proprietà, si diede luogo alle compre-vendite, ai censimenti, alle assegnazioni, ed alle alienazioni di ogni maniera; anche i boschi seguirono la sorte degli altri rustici fondi, passando dalle mani di pochi a quelle di una quantità di proprietari più numerosa e meno doviziosa: la strage degli alberi annosi, e quindi la distruzione dei boschi ben tosto dovette avvenire per dare luogo alla coltura del suolo, il di cui dissodamento divenne l'oggetto precipuo e generale delle nuove speculazioni. Da quest'epoca in poi i disboscamenti ed i dissodamenti furono continui, siccome lo sono tutt'ora da per tutto: d'onde il decremento delle selve rapidissimo".
Per porre rimedio a questa grave situazione nel 1819, a tutela dei boschi, venne emanata una legge che istituì in Sicilia il diritto forestale. Nell'agosto del 1827, tuttavia, la stessa fu sostituita dalla legge forestale emanata a Napoli l'anno precedente, senza tenere conto dell'opportunità di estenderla tal quale alla Sicilia (Schirò, 1860). Per effetto di tale legge i boschi furono divisi in tre grandi classi: nella prima vennero inclusi i boschi di proprietà dello stato; nella seconda quelli appartenenti ai comuni, ai pubblici stabilimenti, ai corpi morali e laicali, alle mense vescovili e monasteri; nella terza quelli dei privati cittadini. Per quest'ultimi, decisamente i più estesi, non vennero messi in atto validi interventi conservativi.
In seguito, durante il XIX e per circa metà del XX secolo, i boschi siciliani sono stati interessati, tranne poche eccezioni, da interventi selvicolturali irrazionali che hanno inciso pesantemente sia sulla loro estensione come anche sulla struttura della vegetazione e sulla salvaguardia degli esemplari arborei monumentali.
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