Ferla sorge su un pianoro del monte Rigoria, a 560 metri sul livello del mare, tra la valle del torrente Ferla e la cava del Calcinara, affluenti dell'Anapo.
Prime testimonianze di un centro abitato risalgono alla cultura di Castelluccio (2000-1500 a.C.), con alcune tombe in contrada San Martino. Significative presenze appartengono al primo periodo di Pantalica, sia con un gruppo di tombe in contrada San Giovanni, ma soprattutto con il primo nucleo abitativo di Castel di Lega che, culminando sullo sperone dove si ergeva il castello, si estendeva lungo i pendii di esso.
Il centro continuò anche dopo la colonizzazione siracusana, fino al periodo ellenistico e romano.
Del periodo paleocristiano, nei dintorni dell'attuale abitato, sono riscontrabili numerosi sepolcreti bizantini, con affreschi e iscrizioni, monasteri benedettino e carmelitano, chiesette rupestri, mulini ad acqua, concerie di pelli, trappeti e palmenti scavati nella roccia.
L'attuale abitato e la sua denominazione risalgono alla fine dell' XI secolo, dopo la riconquista normanna, ad opera dei Longobardi; a Ferla infatti si parla un dialetto gallo-italico, come in pochi altri paesi della Sicilia.
Durante il periodo baronale fu proprietà di Francesco Pallavicino, quindi passò alla famiglia Moncada, una delle più potenti della Sicilia cinquecentesca, sotto la quale si costruirono le principali chiese, si istituirono fiere e feste: Ferla godeva quindi di un periodo di prosperità.
Nel 1625 divenne marchesato e passò a Giuseppe Rau e Grimaldi di Noto. I diritti boronali si estinsero con Francesco Tarallo Borgia.
Per quanto riguarda la composizione urbana c'è da dire che Ferla, prima del terremoto del 1693, doveva avere un impianto planimetricamente irrazionale, perché condizionato dalla notevole accidentalità del suolo su cui sorgeva l'abitato. Il paese si sviluppava sul piccolo pianoro che si estende dalla Matrice al Carmine e poi da qui scendeva seguendo le pareti scoscese che conducono a valle.
Dopo il terremoto il paese fu ricostruito più a nord, forse su indicazione di un architetto netino, sorse secondo un impianto cruciforme. Lo caratterizzano la via Umberto in senso orizzontale e il corso Vittorio Emanuele che lo attraversa in senso verticale (in salita); la prima è una strada civica dove si insediarono i migliori esempi di palazzi e l'altra sacra con ben cinque chiese e due monasteri. Quindi una scena barocca ideale, da utilizzare per ogni tipo di pubblica manifestazione: processioni, feste, spettacoli.
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