Gela

 

 

                                          

                                           

 

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Città agricola e industriale, sorge sulla costa del Canale di Sicilia a destra della foce del fiume Gela su un dolce rilievo allungato parallelo alla costa stessa. Fu fondata nel 689 a. C. (44 anni dopo Siracusa) da una colonia formata da Rodii, comandati da Antifemo, e da Cretesi guidati da Entimo. Questi, attirati dalla bellezza del luogo, vi si accamparono e fondarono la città, allora abitata da nuclei di indigeni, i siculi, e la chiamarono Gela dal nome del fiume che vi scorreva. Antifemo ed Entimo incontrarono l’ostilità degli abitanti del luogo, ma in breve tempo riuscirono a sopraffarli e a cacciarli sulle montagne. La città di Gela cominciò a svilupparsi tanto che, dopo appena un secolo, una colonia di geloi comandati da Pistilo e Aristomus si spostò sul fiume Akragas e fondò nel 580 a. C. la città di Agrigento. Divenuta potente, Gela iniziò una politica espansionistica, ma nel VI secolo a. C. avvenne, per motivi economici, la secessione della plebe che, abbandonata la città, si recò nella vicina Maktorion. Il gran sacerdote del culto di Diana riuscì a sedare il contrasto e a far rientrare i fuggiaschi a Gela. Dai primi due secoli di vita dalla sua fondazione nulla si sa di preciso dell’ordinamento politico e amministrativo della città. Il primo tiranno di Gela di cui si ha notizia fu Cleandro che regnò dal 505 al 498 a. C. Dopo la sua morte, avvenuta per mano di Sabello, cittadino gelese, il potere passò al fratello Ippocrate, il quale continuò la politica espansionistica sottomettendo le città di Callipoli, Leontini, Nasso, Ergezio e Zancle (Messina). In tal modo Ippocrate realizzò il suo progetto di fondare uno stato forte di cui Gela divenne la metropoli. Soltanto Siracusa era scampata al pericolo della dominazione geloa grazie all’aiuto dei Corinti e dei Corcidesi, ma la sua conquista era di vitale importanza per Ippocrate che avrebbe avuto la possibilità di controllare i territori conquistati e, per la sua presenza a Siracusa di un florido porto, si sarebbe assicurato le comunicazioni con l’oriente dove intratteneva scambi commerciali, mentre il porto di Messina, allora Zancle gli assicurava il controllo sul movimento delle navi. L’occasione per muovere guerra ai siracusani si presentò quando Camarina, colonia di Siracusa, si ribellò alla madrepatria nel 552 a. C., ma l’esercito camarinese fu sconfitto e fatto prigioniero. Ippocrate allora prese lo spunto dal fatto che dell’esercito sconfitto facevano parte dei geloi, mosse guerra a Siracusa e, dopo avere sconfitto i siracusani presso il fiume Eloro, cinse d’assedio la città che sarebbe capitolata se non fossero intervenuti Corinto e Corcira a fare da pacieri. Ippocrate accettò le condizioni proposte e, in cambio di Camarina, rilasciò i prigionieri e abbandonò Siracusa. Mentre Ippocrate era impegnato nella guerra contro Siracusa, i siculi, che non avevano sopportato l’usurpazione delle loro terre da parte dorica, minacciarono di rompere il patto d’alleanza con Gela, costringendo il tiranno ad attaccarli nella loro roccaforte di Ibla dove perse la vita. Alla morte di Ippocrate (491) prese il potere Gelone che continuò la politica espansionistica del predecessore. Nel 484 a. C. conquistò Siracusa, dove si trasferì, lasciando Gela nelle mani del fratello Cerone. Intanto Terone, tiranno di Agrigento, che mirava ad ingrandire il suo stato, conquistò Himera nel 480 a. C. Terillo, signore di Himera, chiamò in suo aiuto i Cartaginesi, che, guidati da Amilcare, accorsero con un forte esercito e assediarono la città. Nel frattempo, Terone, avvertito il pericolo di una sconfitta, chiese aiuto alle città di Gela e di Siracusa. Gelone, allora, riunito un esercito di cinquemila uomini, insieme ai fratelli Cerone, Polizelo e Trasibulo, partì alla volta di Himera. Con una geniale mossa strategica, fece penetrare un drappello di suoi uomini nell’accampamento cartaginese, che incendiarono le navi nemiche e fecero entrare il grosso dell’esercito siceliota. Durante la cruenta battaglia che ne seguì perse la vita il condottiero cartaginese Amilcare. In breve tempo l’esercito cartaginese, rimasto senza guida, fu sconfitto. Le condizioni di pace offerte dal vincitore Gelone furono piuttosto miti. Egli impose il pagamento delle spese di guerra e l’abolizione dei sacrifici umani nei loro riti religiosi. Alla morte di Gelone, avvenuta nel 478 a. C., il fratello Gerone abbandonò, a sua volta, il governo di Gela per prendere possesso di Siracusa e lasciò la città geloa a Polizelo. Durante questo periodo della sua storia non si hanno più notizie certe; si pensa tuttavia che Gela si sia liberata della tirannide di Polizelo e si sia data un governo democratico. Intanto i siracusani cacciarono Trasibulo che, dopo la morte di Cerone, tiranneggiava la città, e molti geloi tornarono nella madre patria che riacquistò la floridezza di un tempo. Nel 424 si affacciarono sulla scena gli Ateniesi che intendevano conquistare la Sicilia, e pertanto Gela si mise alla testa delle città sicule e ricacciò gli ateniesi. Ma il pericolo non era scongiurato in quanto l’isola era tormentata da lotte cittadine per il sopravvento per cui si rese necessario riunire a Gela i rappresentanti delle città sicule e fare un trattato di pace con lo scopo di unificare i popoli della Sicilia contro il pericolo straniero e in questa occasione il siracusano Ermocrate pronunciò la sua mirabile orazione concludendo col grido: "Noi non siamo né Joni né Dari, noi siamo Siciliani! La Sicilia deve essere dei Sicelioti, stretti in un unico patto d’alleanza". Nel 406 a. C. i cartaginesi conquistarono Agrigento e la rasero al suolo e Gela, non volendo fare la stessa fine, chiese aiuto a Dionisio tiranno di Siracusa che, per ragioni non conosciute, non arrivò in tempo a dare man forte al popolo di Gela. Pertanto, dopo alterne vicende che videro atti di eroismo anche di donne e bambini. la città fu presa e rasa al suolo dopo essere stata depredata di tutti i tesori (405 a. C.). I cittadini superstiti intanto si erano rifugiati a Siracusa. Nel 397 a. C. tornarono in patria e si unirono a Dionigi Il nella lotta per la liberazione e nel 383 ebbero riconosciuta la loro indipendenza. Dal 338 al 317 Gela sentì l’influenza benefica di Timoleonte. tiranno di Siracusa. Sotto il governo di Agatocle (3 17-289 a. C.) fu nuovamente angosciata e combattuta da lotte interne tra il popolo e gli aristocratici che non sopportavano il governo democratico. Quando nel 311 i Cartaginesi ritornarono nella città trovarono il popolo debilitato e, aiutati dagli aristocratici, la occuparono nuovamente e la distrussero uccidendo un gran numero di cittadini. Gela subì un’ulteriore distruzione da parte di Finzia, tiranno agrigentino, il quale, avendo fondato la città di Finziade (Licata), per paura che questa non potesse svilupparsi a causa della vicinanza con Gela da cui distava soltanto 30 Km. occupò la città di Gela e con ferocia fece abbattere le mura e i palazzi. portando i materiali demoliti nella nuova città. Dopo questa immane distruzione, per diversi secoli, non si parlò più di Gela.

Sotto i Romani di Gela esisteva ancora un piccolo nucleo. Ne parlano infatti Virgilio. Plinio. Cicerone e Strabone. Dopo i romani in Sicilia e quindi anche a Gela si stabilirono i Bizantini, ma della città non si hanno notizie importanti. In seguito fu occupata dagli Arabi che la chiamarono "Città delle colonne" e il fiume "Fiume delle colonne" per le numerose colonne sparse nel suo territorio.

Nel 1230 Federico Il di Svevia fece ricostruire, a ovest dell’antico abitato. la città che volle chiamare Terranova e la fortificò con un’ampia cerchia muraria. Terranova fu demaniale fino al 1369, quando il re Federico III la donò a Manfredi Chiaramonte, ma già la città si era messa spontaneamente sotto la tutela della potente famiglia. La situazione non piacque ad Artale Alagona che lo cinse d’assedio e, dopo una strenua difesa la città si consegnò alle truppe dell’Alagona. La famiglia Chiaramonte tenne il governo di Terranova fino al 1392 quando l’ultimo discendente, Andrea, fu giustiziato per essersi messo a capo della congiura dei baroni siciliani contro re Martino e i suoi beni furono confiscati. La città fu affidata a Pietro de Planellis fino al 1401 anno in cui re Martino I la concesse a Ludovico de Rayadello al quale succedette la nipote Giovanna sposa di Arnaldo Villademanio. Nel 1432 donna Beatrice, vedova di Gabriele de Faulo acquistò la città di Terranova e la donò alla figlia Costanza che la portò in dote al marito Berengario de Crnillas. Quindi, Beatrice, figlia di Costanza con il marito Giovanni d’Aragona nel 1453 entrarono in possesso della città. Nel 1507 il loro figliolo Carlo acquistò per sé e per i suoi discendenti il "mero e misto impero". A Carlo succedette la figlia Antonia che portò in dote la città allo sposo Giovanni Tagliavia Aragona che nel 1530 chiese e ottenne dal re il titolo di marchese di Terranova. Nel 1561 il figlio Carlo ricevette il titolo di duca. La famiglia Terranova Aragona tenne il possesso della città fino al 1640 fino a quando cioè la figlia di Diego Tagliavia Aragona, Giovanna, la portò in dote al marito Ettore Pignatelli la cui famiglia la tenne fino all’abolizione della feudalità in Sicilia (1812).

Nel 1799 la città di Terranova insorgeva insieme ad altri paesi siciliani al grido di: "Morte ai giacobini". Durante la rivolta popolare vennero uccisi alcuni cittadini, ma i responsabili vennero facilmente identificati e impiccati. Nel 1927 la città riprese il suo glorioso nome: Gela. Durante la seconda grande guerra fu crudelmente bombardata dagli alleati che ne occuparono il porto e la cittadina.

Archeologia: In contrada "Molino a vento" gli scavi hanno portato alla luce uno strato preistorico dell’età del bronzo. ricoperto da templi e santuari dell’età ellenica. Nel "Parco delle rimembranze" si trovano una parte dello stilobate e una colonna di un tempio dorico del V secolo a. C. probabilmente dedicato a divinità ctonie. Più a ovest nel 1906 sono stati scoperti i resti di un tempio del VI secolo a. C. dedicato ad Atena e nel 1951 è stato ritrovato il deposito votivo del tempio con numerose suppellettili in ceramica e statue. Al periodo della ricostruzione voluta da Timoleonte nel 405 a. C. risalgono inoltre le abitazioni, le botteghe e i bagni pubblici ritrovati nel corso di scavi archeologici più recenti. Tutti i reperti si trovano ora custoditi nel museo archeologico costruito nelle vicinanze dell’antica città. Tra il 1950 e il 1956 nella collina di Capo Soprano sono stati riportati alla luce imponenti tratti di fortificazioni greche risalenti alla fine del V secolo a. C. Presentano una doppia tecnica di costruzioni: hanno, cioè, blocchi di calcare squadrati alla base, mentre la parte alta è costituita da mattoni di terra cruda seccata al sole. Al suo interno si notano due scale, una nella parte sud, e l’altra nella parte nord. attraverso le quali si accedeva al cammino di ronda. Nel piazzale interno sono ancora visibili i resti delle abitazioni del presidio.



Arte: Nella piazza principale si trova la chiesa madre dedicata alla SS. Vergine Assunta ricostruita tra il 1766 e il 1794 su una preesistente chiesetta della Madonna della Platea, ha la facciata a due ordini di semi colonne doriche e ioniche. L’interno a tre navate custodisce una tavola del Transito della Vergine di Deodato Guidaccia,

un quadro di San Francesco Saverio del 1786; agli altari vi sono tele settecentesche purtroppo in cattivo stato di conservazione.

La chiesa del SS. Salvatore e Rosario costruita nel 1796 su una preesistente, al suo interno è custodito un quadro proveniente dalla chiesa di Santa Maria di Betlemme.

Il convento dei cappuccini fu costruito nel 1261 (la data è incisa sulla campana scampata all’incendio del 1577). Fu sede dei conventuali fin dalla sua edificazione, in seguito abbandonato, fu donato ai pp. Cappuccini nel 1574 che lo ricostruirono avendolo ricevuto in pessime condizioni. La torre campanaria è del 1585. La chiesa attigua al convento è dedicata alla Madonna degli Angeli. Al suo interno si trovano una tela del Paladino dedicata alla Madonna, una custodia del Divinissimo. Sotto la chiesa è stata rinvenuta la sepoltura dei frati. Dopo la soppressione degli ordini religiosi il convento è stato adibito a sanatorio.

Tra i personaggi che si sono distinti vogliamo ricordare, come nota il prof. Santi Correnti: il cardinale Antonio Maria Panebianco (1808-1855), francescano che ebbe grande influenza nella Curia pontificia, specie in occasione del Concilio Vaticano I del 1869-70, che condannò il materialismo storico, e definì il dogma dell’infallibilità pontificia; il politico democristiano Salvatore Aldisio (1890-1964), che fu uno dei padri dell’Autonomia regionale siciliana, e fu in vari governi nazionali Ministro della Marina Mercantile, dei Lavori Pubblici e dell’industria e Commercio, legando il suo nome a parecchi importanti provvedimenti legislativi: Salvatore Damaggio Navarra (1851-1928) di famiglia benestante, frequentò la scuola tecnica conseguendo la licenza nel 1869. Dimostratosi abile amministratore, si occupò della cosa pubblica dal 1896 al 1913 ricoprendo la carica di assessore. Scrisse numerose monografie.

L’economia di Gela. un tempo era esclusivamente basata sull’agricoltura e la pesca. Dal 1956 è stato scoperto un grosso giacimento di petrolio che ha consentito la costruzione dello stabilimento Anic e di oleodotti sottomarini. Vi operano anche la Società Idrocarburi Siciliani e la Società Mineraria Idrocarburi. Il porto è attrezzato per l’attracco di grosse petroliere. Vi operano inoltre un’industria di carpenteria e riparazione navale, diverse fabbriche di laterizi e manufatti in cemento e diverse altre piccole aziende di confezioni. di conservazione dei prodotti agricoli.

L’agricoltura occupa ancora un posto notevole nell’economia gelese infatti nella piana di Gela si producono cotone, ortofrutticoli, agrumi, olive e cerali. È presente anche l’allevamento di equini e ovini.

Tra le ricorrenze che vedono la partecipazione dell’intera cittadina sono di particolare rilievo la festa patronale in onore di Maria SS. Alemanna l’8 settembre; la tavolata di San Giuseppe e i riti della settimana santa. Nel periodo di luglio-agosto si tengono rappresentazioni di tragedie greche nella zona archeologica di Capo Soprano.

Copyright © 2003 -PROVINCIA REGIONALE DI CALTANISSETTA

Distanza dalle città Capoluoghi (in Km)

Agrigento

77

Enna

76

Ragusa 

60

Caltanissetta

82

Messina

203

Siracusa

135

Catania

107

Palermo

216

Trapani

250

 

Censimento 2001 della popolazione

(Dati Istat)

Kmq. 277,37
Abitanti 72.444
Famiglie 23.188
Immigrati 257
Densità 261 

Azienda Autonoma di Soggiorno e Turismo di Gela (A.A.S.T.)
 Via Giacomo Navarra Bresmes, 48 Tel:  0933 923268

Uffici Informazioni:

 Via Palazzi - Tel:  0933 823107 

 

 

 

 

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Madonna dell'Alemanna 8 agosto
   
   
   
   
   
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MUSEI

Antiquarium Iconografico di Capo Soprano
Gela

loc. Capo Soprano Tel. 0933 912 626 (museo) 0933 930 975

Museo Archeologico Regionale
Gela

corso Vittorio Emanuele, 1 Tel. 0933 912 626

   
   
   
   
   
   
   
   
   

Biblioteche

biblioteca comunale via Palazzi 2 tel. 0933 933 601

 

   
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

 

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