Indice Demani

Prefazione
- Il Demanio Monti Peloritani - Generalità
- I Peloritani
- La storia del Demanio
- La Foresta Camaro
- La Foresta S. Leone e
   Crupi

- La Foresta Musolino e
   Ziriò

Note su alcuni bacini idrografici dei Peloritani
- Morfologia del territorio di
  Messina

- Precedenti storici sulle alluvioni
- L'alluvione dell'ottobre 1996
- Dati pluviometrici
- Il dissesto idrogeologico
-tab 1tab 2 - tab 3 - tab 4
- Il bacino Fiumara di Zafferana
- Il bacino Fiumara di Larderia
- Il bacino Torrente Canale
- Il bacino Santo Stefano
Il bosco di resinose
- Significato dei pini nella vegetazione mediterranea   - Cause della degradazione della vegetazione mediterranea .
Fauna e flora dei Monti Peloritani
- Piante arboree
- Piante arbustive
- Piante erbacee e/o bulbose - Mammiferi
- Uccelli
- Rettili
- Insetti
La fruizione dei Monti Peloritani
Le aree attrezzate deí Monti Peloritani
I fortini dei Monti Peloritani Conclusioni
Ringraziamenti
Note alla consultazione
LA REDAZIONE
 
 

  

I FORTINI DEI PELORITANI

Nel territorio dei Monti Peloritani anche all'occhio meno attento non passano inosservate alcune costruzioni denominate "Fortini", "Case Forti", "Fortezze", "Forti", "Artiglierie", "Batterie", "Bastioni", "Arsenali", etc. secondo la fantasia militare locale edificate con l'intento di difendere la città di Messina, da sempre considerata punto strategico sia militare che commerciale.
Tenuto conto che molte di queste costruzioni si trovano all'interno del Demanio dei Monti Peloritani, la loro menzione può certamente risultare utile per la conoscenza della storia che si è intrecciata in questi Monti che i messinesi molto familiarmente denominano "I colli". Tali costruzioni sono state realizzate negli ultimi decenni del secolo scorso lungo i due versanti dello Stretto di Messina.
Noti come Forti Umbertini, con riferimento all'epoca ed al sovrano al tempo regnante. essi costituiscono un caso forse unico di sistema fortificato con artiglieria in posizione. Una sorta di Vallo, di bocca di lupo, che avrebbe dovuto determinare la distruzione della flotta nemica che avesse osato penetrare nelle acque dello Stretto.
La distribuzione topografica di queste costruzioni, il posizionamento ad orientamento pressoché fisso delle bocche da fuoco lascia intendere che il paventato attacco fosse previsto da sud-est, dall'oriente, dall'Impero Ottomano che già molti secoli prima aveva costituito la principale minaccia per l'intero occidente.
Qui nello Stretto di Messina, punto di passaggio obbligato per il mediterraneo settentrionale, in questo luogo del mito lo Stato Maggiore dell'Esercito italiano determinò di realizzare un complesso di oltre venti luoghi forti che avrebbero dovuto costituire il limite invalicabile, la tomba per quel nemico che avesse volto la prora verso questo tratto di mare.
La storia non consenti di verificare l'efficacia di questo articolato sistema difensivo, anche se nel 1911 vi fu il breve conflitto tra l'Italia a la Turchia.
Questo articolato apparato bellico, in pratica, non ebbe mai un determinante impiego militare se si esclude la sua utilizzazione, durante il secondo conflitto mondiale, quando queste batterie aprirono il fuoco per un nemico non già proveniente dal mare ma purtroppo dal cielo. In questi forti furono infatti installate le artiglierie contraeree che, per quanto fu loro possibile, tentarono di contrastare le incursioni dell'aviazione angloamericana. Fu in quell'occasione che due di questi forti, quello di Mangialupi, a sud dell'abitato e quello presso Portella Arena, la famosa "Batteria Masotto" subirono gravissimi danni a causa dell'esplosione dei rispettivi depositi di munizioni.
Per il resto, i forti Umbertini sono ancora lì sulle colline peloritane, silenti spettatori di un sconsolante abbandono. Tutto quanto vi era di asportabile è stato portato via e distrutto, mentre sostanzialmente integre rimangono le caratteristiche strutture di questi forti.
Essi sorgono prevalentemente a messa costa, si da consentire un più efficace tiro delle artiglierie.
Diverso il ruolo della batteria un tempo ad Antinnamare. ad una quota di circa 1100m  s.l.m. e di quella presso Pizzo Chiarino, a circa 800 metri di quota. Soprattutto per il Forte di
Antinnamare, in gran parte distrutto in epoca recente, il ruolo era quello di controllo e coordinamento dell'intero sistema difensivo. Le esigenze strategiche fecero si che questi forti sorgessero in posizioni da cui si godono superlativi panorami.
Distribuiti a sud ed a nord della città, questi forti lasciano scoperta l'area urbana laddove peraltro esistevano precedenti strutture difensive quali Castello Gonzaga Castellaccio e soprattutto la Real Cittadella, che con la sua mole armata faceva da scudo a Messina contro ogni pericolo che fosse giunto dal mare.
Eccentrici rispetto all'area dello Stretto restavano il forte presso il villaggio di Salice più spostato ad occidente, Forte Campone presso Saponara.
La presenza di questi due forti lascia intendere che fosse prevista una difesa sia pur ridotta, del versante tirrenico dell'estrema porzione dei Peloritani.
Ma, l'aspetto poco militare, ma certamente più importante ai nostri fini è quello che forse resta ancor oggi meno noto, e cioè, la rete viaria che fu realizzata per costruire e poi collegare queste fortezze. In pratica, in concomitanza con la costruzione dei forti Umbertini, il Genio Militare realizzò una considerevole quantità di strade che quasi sempre attraversavano un territorio sino ad allora percorribile per antichi sentieri. Assieme ai forti, le colline messinesi furono dotate di strade carrozzabili che ancor oggi costituiscono una grande risorsa del territorio, rendendo possibile attraversare monti e valli altrimenti irraggiungibili.
Per tutte, basterà ricordare la strada di crinale che, partendo da capo Peloro, Forte Spuria, risale le colline di Faro Superiore - Castane per proseguire dalle "Quattro Strade" - Colle S. Rizzo verso Dinnamare, e, poi, ancora per vari chilometri di ardito percorso sino a giungere a Piano Margi a nord-ovest di Monte Scuderi.
Questa strada, che è un continuo susseguirsi di splendidi panorami, avrebbe dovuto proseguire sino a Portella Mandrazze in territorio di Novara di Sicilia.
Sono poi decine le altre strade costruite per raggiungere ciascuno dei forti e collegare questi tra loro.
Quindi, un patrimonio di incommensurabile entità che va aggiunto al già cospicuo costituito dalle nostre strutture fortificate.
Un patrimonio costruito dal Genio Militare italiano oltre un secolo fa, un patrimonio che ha consentito e consente, ancor oggi, di poter esplorare e conoscere ogni parte di questa porzione dei Peloritani, un patrimonio che da quando è stato ceduto dai militari, attende di essere rivalutato o quanto meno valutato per quel che merita, e certamente merita moltissimo.
Si deve al generale Cavalli l'ideazione dei cosiddetti "forti Umbertini", 24 fortezze costruite nel periodo compreso fra il 1882 e il 1892, dallo Stato Maggiore del Regio Esercito Italiano, sia sul versante peloritano che su quelle aspromontane. Nel territorio messinese sorgevano. cosi, 14 forti denominati 'batterie". tutte orientate verso il mare e controllo dello Stretto.
Partendo da sud in direzione nord ed ovest, la prima che si incontra è la batteria Monte Gallo sopra l'abitato di Larderia, in seguito denominata "Generale Schiaffino", a S. Lucia sopra Contesse; la batteria "Mangialupi" nell'area del Policlinico. non più esistente; la batteria "Petrazza" fra Camaro e Bordonaro, in collegamento con la Polveriera di Camaro; la batteria "Correale" a Noviziato Casazza, non più esistente; la batteria "Ogliastri" a Tremonti, sull'antica "collina dell'Agliastro" che fu teatro di alcuni episodi bellici durante la rivolta antispagnola del 1674-78: la batteria "S. Jachiddu" che domina le alture di Tremonti; la batteria "Menaia" e "Forte Crispi" in contrada Campo Italia; la batteria "Masotto" e' Polveriera" a Curcuraci; la batteria "Serra la Croce" fra Curcuraci e Faro Superiore. in collegamento con la Polveriera di Faro Superiore; il Forte "Spuria" a Ganzirri; la batteria "Monte dei Centri" a Salice; la batteria "Monte Campone" sopra l'abitato di Calvaruso, nel Comune di Villafranca Tirrena e, infine, la batteria "Puntai Ferraro" e la batteria Dinnammare e polveriera "Croce Cumia", sulla strada Colle Sarrizzo-Dinnammare.
A questo formidabile apparato difensivo non corrispose, nella realtà, il completo utilizzo che si sperava; tutto il loro uso fu limitato in sporadiche occasioni durante la prima guerra mondiale e in seguito come sedi di postazioni antiaeree nel secondo conflitto mondiale. Scrive, infatti, in proposito Bruno Villari: "Fortunatamente, di tutto quello che si temeva a quel tempo, non accadde nulla, e quando accadde nel 1943 quei forti avevano fatto il loro tempo".
Dismessi, rimangono oggi nell'abbandono e nel degrado (il "Petrazza" adibito ad ovile; il "S. Jachiddu" usato come poligono di tiro da allegri "patiti del tiro a bersaglio"; 1'"Ogliastri" frequentatissimo luogo di ritrovo per tossicodipendenti e borsaioli; il "Puntual Ferraro" deposito della Forestale; gli altri, immensi depositi delle più fantasiose immondizie) in attesa che l'Amministrazione Comunale, seriamente intenzionata al loro recupero, ottenga finalmente i finanziamenti europei già richiesti, da parecchio tempo.

 

 

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