L'UPUPA

 

Ritenendo l'upupa il simbolo del Bosco di Santo Pietro, si propone la seguente monografia su questo interessante, curioso, vivace e colorato uccello, considerato ora "di cattivo augurio", ora "simbolo di leggiadria".
A tale proposito si riportano due leggende che si tramandano su questo uccello e la sui corona ha sempre suscitato la fantasia popolare.
L'Upupa, alla quale il Foscolo nei «Sepolcri» dà sì tetra fama, seguendo la nomea di uccello di cattivo augurio datole in qualche paese d'Italia, è senza dubbio una delle specie più eleganti, singolari ed interessanti della nostra avifauna.
Arriva da noi in marzo e riparte in settembre, talvolta si trattiene - limitatamente alla Sicilia-fino a novembre: è ovunque presente e ben cono
sciuta, ed oltre al suo nome scientifico (Upupa epops) nelle varie regioni d'Italia è chiamata con i nomi più diversi: dal piemontese «Pupù» o «Capussa» al ligure «Galletto de marzo», dal toscano «Bubbola» al siciliano «Pipituni», dal veneto «Galeto magiarolo» al sardo «Pupuza».
L'Upupa deve il suo nome ad alcuni scrittori latini, fra i quali Varrone, che lo fa derivare dal grido della medesima: infatti il suo «up-up» è una caratteristica che ne attira l'attenzione, al pari della varietà del suo piumaggio e della magnifica cresta.
È reperibile in tutta l'Europa meridionale e centrale; talvolta è stata catturata anche in Norvegia e in Svezia. In Asia è ugualmente diffusa nelle parti centrali e meridionali, in india è comune durante le migrazioni invernali, in Africa - dove sono presenti anche forme affini, quali 1'Upupa africana e 1'Upupa marginata, appena distinguibili da quella europea (essendo anche questa soggetta a piccole variazioni nelle dimensioni, nel colore e nella lunghezza del becco) - essa è stata trovata perfino al Capo di Buona Speranza.
In Italia è uccello di passo abbondante e vi nidifica regolarmente a partire dalla metà di maggio fino a quella di giugno, generalmente nella cavità degli alberi, talvolta sotto cumuli di pietre; prepara il nido con piume e pagliuzze, e poiché la femmina, che durante la cova viene nutrita dal maschio, non lascia mai il nido, questo è pieno di escrementi e di resti di cibo.
Nei due sessi adulti il colorito delle penne è generalmente rosso cannella chiaro, il dorso e le ali nere a fasce bianche, la coda è nera attraversata da una striscia bianca, il becco nerastro e talvolta leggermente curvo; il maschio adulto si distingue dalla femmina per essere un poco più grande e per avere i colori più decisi.
Il ciuffo, sviluppatissimo, è una delle caratteristiche che danno più eleganza alla specie: esso è formato da una doppia serie di lunghe piume color cannella, biancastre verso la cima e terminanti con una macchia nera, che l'uccello può abbassare quasi orizzontalmente ed erigere pressoché in verticale.
L'Upupa si sposta essenzialmente di giorno; il suo volo è leggero e silenzioso, tuttavia la si nota molto facilmente a causa delle vistose fasce nere e bianche delle sue ali. Frequenta i boschi e le praterie, sia in collina che in pianura, ed ama i luoghi abitati dall'uomo.
Si ciba di piccoli insetti e larve, che cerca nei prati o sulle strade nello sterco di buoi e di cavalli.
Quando passeggia maestosamente, alzando la corona di penne - mentre «pronuncia» il suo nome - ostenta una tale aria pittoresca ed affascinante che uno dimentica le sue sporche abitudini.
E' assai timida, la minima cosa la spaventa ed allora alza il ciuffo: se passa un grosso uccello, essa si schiaccia a terra, allargando le ali e la coda e piegando indietro la testa sul dorso; in quèsto atteggiamento si presenta sotto un aspetto singolarissimo, non somigliando più ad un uccello, ma piuttosto ad uno straccio variopinto.
I contadini svedesi la credono messaggera di calamità naturali, mentre al contrario gli arabi la venerano: in Egitto, anzi, si tramandano leggende su come essa riuscì a procacciarsi la corona, due delle quali mi sembra opportuno riportare in queste righe.

I LEGGENDA


«Una volta, tanto tempo fa, la testa dell'Upupa era una comune testa senza cresta, come quella di tanti altri uccelli, e fu solamente per grazia reale che poté avere questo ornamento.
«Il re di quei tempi attendeva la sposa promessa, che arrivava da un reame dell'Asia, e decise di riceverla con grande pompa in un porto del Mar Rosso, dove essa sarebbe sbarcata: ordinò pertanto che il suo esercito, schierato sul molo, la scortasse alla capitale e che tutti gli uccelli dell'aria, durante il percorso, facessero schermo con le loro ali, a guisa di baldacchino, per ripararla dal sole e riempissero l'aria di canti, fino a quando la sposa non fosse giunta in città. Tutti gli uccelli accettarono, tranne l'Upupa: essa obiettò che, sapendo alcune cose poco piacevoli sul conto della sposa, non avrebbe accettato di andare a riceverla e, piuttosto che esservi costretta, volò via e andò a rifugiarsi in una caverna su di un lontano monte nel deserto.
«Quando il re ne fu informato, si arrabbiò ed ordinò che la rea fosse catturata e condotta in sua presenza; così la povera Upupa fu portata dinanzi all'irato sire, ma difese così bene la sua presa di posizione - spiegando che, se avesse fatto ciò che coscienziosamente aveva obiettato, il suo signore ne avrebbe sofferto un grave danno morale e per questo chiedeva, con tutto il rispetto, di essere perdonata - che il re, stupito per la sua sagacia, toltasi dal capo la corona e posatala su quello dell'uccello, lo consacrò re di tutti gli altri abitatori dell'aria, ordinando che la corona gli restasse in eterno».

II LEGGENDA


Si narra che un re ricevette la sposa, con i soldati e con tutti gli uccelli, Upupa compresa. Per ringraziarli dell'onore che gli avevano fatto, chiese al1'Upupa maschio di andare a casa e chiedere alla moglie quale dono avesse desiderato, ed essa, interrogata, con civetteria prettamente femminile, rispose: «Chiediamo una corona d'oro da mettere sulla nostra testa, così saremo superiori a tutti gli altri uccelli». II re, informato della richiesta dal maschio, esaudì la richiesta, avvertendolo però che detto desiderio era una follia.
Tutte le upupe, con la corona d'oro in testa, andavano in giro con aria piena di sussiego, senza più rivolgere la parola neanche ai parenti, ma un uccellatore, che aveva messo gli occhi su tutta quella ricchezza, pose uno specchio in una trappola: un'upupa femmina, desiderosa di rimirarsi, fu la prima ad essere catturata. La bramosia di impossessarsi delle corone d'oro spinse gli uomini ad approfittare della vanità delle upupe e, così stando le cose, in breve tempo esse sarebbero completamente scomparse dalla faccia della terra.
Allora l'Upupa maschio andò dal re a raccontare la triste storia, e questo, dopo avergli ricordato che erano stati avvertiti dell'errore che avevano commesso, ancora riconoscente di quanto avevano fatto per lui, accondiscese ugualmente a cambiare la corona d'oro con una di penne, affinché tutte le upupe potessero girare sulla terra senza pericolo di essere insidiate di continuo.
 

 


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