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Itinerari turistici artistici e culturali

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Le riserve naturali gestite dal
Dipartimento Azienda Regionale Foreste Demaniali

Monte Carcaci

Denominazione
RNO Monte Carcaci
Provincia
PA
Comuni
Prizzi, Castronovo di Sicilia
Estensione zona A - zona B
1437,87 Ha di cui 863,33 in zona A e 574,54 in zona B
Riferimenti geografici
I.G.M. - F. 259 III S.O.
Data Istituzione
D.A. 480 del 25/7/97 (Piano Reg.)


 
Informazioni generali

La riserva si può raggiungere da Palermo imboccando l’autostrada A19 PA-CT ed uscendo allo svincolo per Villabate.
Qui bisogna immettersi sullo scorrimento veloce Palermo-Agrigento (SS 121) e procedere sino all’uscita per Lercara Friddi, dove s’imbocca la SS 188 in direzione Prizzi. Superata Portella San Francesco, a poche decine di metri, a destra, si trova la SP 36 bis (leggera salita, fondo sconnesso) che ci permetterà di raggiungere il Borgo Riena (abbandonato), sulla sinistra si apre un sentiero per la riserva dove troveremo le indicazioni per il “Demanio Colobria”.

Monte Carcaci: la bellezza delle aree umide di montagna

Il Monte Carcaci è costituito da rocce calcaree formatesi in un lungo periodo dal Triassico al Miocene dell’era Quaternaria: sono specie diverse di calcari e marne, ma anche terreni argillosi depositatisi man mano che andavano avanti le vicende geologiche e climatiche del Mediterraneo.
Questa natura fisica ovviamente condiziona e modella il paesaggio vegetale, che si esprime in una serie di ambienti significativi: aree umide, boschi e boscaglie naturali, praterie ed arbusteti e ambienti rupestri. Ci sono poi aree a rimboschimento, ma quello è un discorso a parte e comunque in area di pre-riserva.
Si accede alla riserva da Portella Riena dove il paesaggio si presenta con una vegetazione arbustiva, costituita da fitte siepi discontinue di alberelli e cespugli spinosi molte volte resi intricati da piante lianose e sarmentose, spesso provviste di spine ad uncini, e proprio per questo, preservati dalla brucatura.
Sono arbusti che producono frutti prelibati per gli uccelletti e la fauna selvatica: i rossi cinorrodi (frutti delle rose selvatiche), le morbide more del rovo, le susine azzurro-nerastre del prugnolo che offrono nutrimento sino ad autunno inoltrato.
La bellezza di questo ambiente esplode in primavera, quando fioriture multicolori punteggiano l’intricata vegetazione formata da prugnolo (che fiorisce prima di emettere le foglie), rosa canina, caprifoglio mediterraneo, rovo comune e asparago spinoso.
Sul versante nord-occidentale e su quello sud-orientale troviamo i boschi, estese formazioni di leccio o di roverella. Il leccio si insedia sugli affioramenti rocciosi e su pendii più ripidi, mentre la roverella predilige le zone più fresche ed umide con un suolo più profondo: ci sono anche tratti in cui le due specie coesistono; insieme a loro spesso è possibile incontrare individui di acero campestre o di sorbo torminale.
Il sottobosco è molto ricco ed ospita una gran quantità di specie tipiche dei boschi siciliani, alberelli ed arbusti dove dominano il perastro, il biancospino, l’orniello (che è una specie di frassino), l’asparago spinoso, il pungitopo ed il falso pepe montano, un arbusto sempreverde con foglie simili all’alloro, di aspetto fragile, i cui frutti emanano, se aperti, un forte odore di peperone, ma, se pur tossici per l’uomo, sono eduli per gli uccelli. Anche nel bosco, le lianose rendono intricato il paesaggio con il loro sviluppo caotico: tra questi la stracciabraghe e la robbia selvatica…
Vi siete mai adirati perché vi si impigliano i vestiti sui cespugli mentre procedete nel bosco? Molto probabilmente vi siete imbattuti in una di queste piante cosiddette “volubili”, per la capacità di arrampicarsi e sfruttare l’impalcatura delle altre piante, come succede all’edera che spesso s’inerpica sugli alberi e li ricopre, prendendo a volte il sopravvento. La soffice coltre erbosa, là dove gli arbusti si diradano, offre alla vista le deliziose fioriture dei ciclamini o della rosa peonia…
Se siete buoni osservatori potrete distinguere anche le aperture dei cunicoli dell’arvicola di Savi, un piccolo mammifero infaticabile scavatore che predilige suoli soffici e profondi. Il bosco, si sa, è ricco di vita: è l’ambiente dei piccoli uccelli appartenenti ai gruppi delle cince e dei fringillidi, che si muovono veloci e infaticabili alla ricerca di cibo e materiali per i nidi e saranno le sicure vittime dell’elusivo sparviero, rapace silvano.
Il tambureggiare lontano invece indica la presenza di un divoratore di insetti parassiti del legno: il picchio rosso maggiore. I merli coi loro canti melodiosi fanno sentire la loro presenza.
Il sottobosco è il regno dello scricciolo, mentre nelle radure è possibile avvistare le mantidi religiose, insetti dall’aspetto singolare, famose per il fatto che la femmina mangia il maschio durante l’accoppiamento. Una pista tortuosa porta sulla cima del Monte Carcaci: il panorama eccezionale spazia tutt’intorno e consente di effettuare avvistamenti faunistici significativi di poiane, falchi pellegrini e nibbi bruni.
La vetta del monte si presenta con un lecceto discontinuo e lascia spazio ad ampi affioramenti rocciosi nei cui interstizi crescono ciuffi di erbe dai fiori variopinti, e mediamente piccoli nelle dimensioni: ecco le corolle dello zafferanetto comune, le bianche margheritine della pratolina, le chiazze dorate del flavagello, il giaggiolo siciliano dalle fioriture multicolori e il rarissimo cipollaccio greco.
Il vero tesoro naturalistico della riserva sono però le aree umide, una fra tutte: il laghetto stagionale che affiora nei pressi del rifugio forestale Colobria-Carcaci, a 900 m s.l.m. in zona Marcato delle Lavanche. Questa bellissima piccola area è circondata da prugnoli, perastri e rovi, che con le loro fioriture danno una nota di colore alle rive e contrastano col verde del fogliame dei pini e dei cipressi introdotti dalla Forestale.
Sullo specchio d’acqua si notano molte piccole ranuncolacee dalle delicate corolle bianche striate d’oro che in primavera ricoprono la superficie (ranuncolo acquatico, peltato e capillare) insieme alle foglie affioranti della lingua d’acqua.
Nelle zone in prossimità delle sponde cresce, invece, semisommersa, la mestolaccia che in estate esplode di ombrellette di fiori che hanno tre petali di colore bianco-rosato.
Sulle sponde fangose ecco le corolle giallo-oro, che paiono smaltate, dei ranuncoli. Questo è il regno della rana verde. I piccoli corsi d’acqua sono caratterizzati dalla vegetazione arborea tipica dell’ambiente ripariale: l’imponente pioppo nero si consocia a varie specie di salice come quello pedicellato, quello bianco e il dorato. Quest’ultimo presenta i rami giovani di color giallo uovo, particolarmente suggestivi in inverno quando, una volta cadute le foglie, appaiono nudi alla vista.
Una nota a parte merita Pizzo Colobria che sulla vetta è colonizzato in buona parte da arbusti di leccio, mentre sulle pendici presenta una prateria ad ampelodesma inframmezzata da assenzio arbustivo e da sommacco siciliano, forse relitto di epoche in cui veniva coltivato.

Il castello Margana
Sorge su un’inaccessibile rupe rocciosa che domina un’ampia vallata; la spettacolare posizione della rocca, al centro di un territorio attraversato da percorsi viari secondari, attrasse i bizantini (745) che probabilmente vi edificarono il nucleo più antico del comprensorio.
Utilizzato forse anche dai musulmani come ostello (racconta di questo luogo anche Idrisi nel suo Libro di Ruggero nel 1150 e lo chiama Rahl Marqana), ricovero per i viandanti lo fu sotto i Cavalieri Teutonici, cui venne affidato il feudo dopo essere stato tolto alla Magione di Palermo. Questi monaci-guerrieri ebbero la “licenza di costruzione” nel 1351, quando il castello esisteva già: a loro è addebitata l’edificazione della cappella dedicata alla Madonna, conosciuta col nome di Santa Maria Alemanna.
L’edificio fu ampliato nel secolo successivo ed ebbe la concessione perché vi si costruisse, ai suoi piedi, un borgo che non venne mai realizzato.

MUSEI E CENTRI VISITA
• Museo Parrocchiale artistico: piazza Duomo, Chiesa Madre 90030 Castronovo di Sicilia – tel. 091.8217115.

• Museo Archeologico: corso Umberto I 90038 Prizzi tel. 091.8344379.

COMUNI DI APPARTENENZA
• Castronovo di Sicilia a 680 m s.l.m. a 72 km da Palermo; CAP 90030 – prefisso telefonico 091; abitanti 3.604 (castronovesi).
• Stazione ferroviaria più vicina:
Castronovo di Sicilia (a 5 km).
• Prizzi – 1.045 m s.l.m. a 78 km da Palermo; CAP 90038 – prefisso telefonico 091; abitanti 6.254 (prizzesi).
• Stazione ferroviaria più vicina:
Lercara Bassa (a 28 km).

INFORMAZIONI
• Area attrezzata del Bosco di S.Caterina dell’Azienda Foreste Demaniali della Regione Siciliana ,
S.P.36 (a 3 km da Castronovo).
• Pro loco di Castronovo di Sicilia: largo Annunziata n. 11, 90030 Castronovo di Sicilia.

• Pro loco di Prizzi “Hyppana”: piazza Francesco Crispi n. 5/a, 90038 Prizzi (Pa) tel. 091.8346901.

• Distaccamento forestale di Castronovo di Sicilia: tel. 091.8217037.

• Azienda Autonoma Provinciale per l’Incremento Turistico, Ufficio Informazioni di Palermo centro,
piazza Castelnuovo, 34 – 90100 Palermo. tel. 091.583847 e 6058351 – fax 091.586338.

• Azienda Autonoma Provinciale per l’Incremento Turistico,
Ufficio Informazioni Stazione Centrale FSI piazza Giulio Cesare, 90100 Palermo. tel. 091.6165914.

• Azienda Autonoma Provinciale per l’Incremento Turistico, Ufficio Informazioni aeroporto “Falcone-Borsellino” – tel. 091.591698.
• Ufficio Provinciale Azienda (U.P.A.) di Palermo, via G. del Duca, 23 – 90138 Palermo tel. 091.6968829.
 

Flora

Il sottobosco è molto ricco ed ospita una gran quantità di specie tipiche dei boschi siciliani, alberelli ed arbusti dove dominano il perastro, il biancospino, l’orniello (che è una specie di frassino), l’asparago spinoso, il pungitopo ed il falso pepe montano, un arbusto sempreverde con foglie simili all’alloro, di aspetto fragile, i cui frutti emanano, se aperti, un forte odore di peperone, ma, se pur tossici per l’uomo, sono eduli per gli uccelli.
Negli interstizi degli affioramenti rocciosi crescono dei ciuffi di erbe dai fiori variopinti, e mediamente piccoli nelle dimensioni: ecco le corolle dello zafferanetto comune, le bianche margheritine della pratolina, le chiazze dorate del flavagello, il giaggiolo siciliano dalle fioriture multicolori e il rarissimo cipollaccio greco.
Il vero tesoro naturalistico della riserva sono però le aree umide, una fra tutte: il laghetto stagionale che affiora nei pressi del rifugio forestale Colobria-Carcaci, a 900 m s.l.m. in zona Marcato delle Lavanche.
Questa bellissima piccola area è circondata da prugnoli, perastri e rovi, che con le loro fioriture danno una nota di colore alle rive e contrastano col verde del fogliame dei pini e dei cipressi introdotti dalla Forestale.

 

Fauna

L’arvicola di Savi
Micromammifero che nell’aspetto ricorda molto un criceto: il corpo è tondeggiante, lungo circa 10 cm, con zampe brevi e coda corta, capo con orecchie molto piccole. Vive di preferenza nelle aree pianeggianti e aperte, anche poco coperte dalla vegetazione, campi coltivati e giardini.
Ama scavare lunghe gallerie molto complesse ed articolate, al riparo di massi o di grosse radici d’albero, con diversi ingressi per uscire all’esterno, infatti, ha bisogno di suolo soffice e profondo, facile da scavare.
Le “stanze” dentro la tana vengono adibite a scopi diversi: nido o magazzino per le provviste di cibo. Lo sviluppo delle gallerie può arrivare sino a 40 cm di profondità.
Si nutre di semi, cortecce, tuberi, rizomi, bulbi e radici di piante erbacee; dai contadini viene chiamato surci cardunaru perché predilige rosicare i fusti di cardi e carciofi.
Esce spesso al crepuscolo o di notte, ma solo per procacciare il cibo e durante le sortite può restare vittima dei rapaci notturni, soprattutto dell’allocco, che è specializzato nella cattura di topi e arvicole. A circa nove settimane d’età raggiunge la maturità sessuale: la femmina partorisce sino a tre volte l’anno 4 o 5 piccoli ed il periodo riproduttivo va da marzo ad ottobre.
 

La Storia, Il Paesaggio e l'Uomo

Prizzi è un paesino, arroccato a circa mille metri sul livello del mare, quasi a metà strada tra Palermo ed Agrigento. Presenta un tessuto urbano rimasto quasi invariato nel tempo, con stradine ripide e costruzioni addossate, una sull’altra, attorno al castello di cui rimangono solo i ruderi.
L’antico insediamento, col nome di Hyppana, sulla sottostante Montagna dei Cavalli, risale all’incirca al VIII-VI sec. a.C. ed è stato individuato grazie a scavi archeologici che hanno portato alla luce resti di un piccolo villaggio di origini elime e materiali successivi punici e romani.
Il nome Prizzi potrebbe derivare da Pyr, fuoco, per indicare il mezzo che i Bizantini usavano per le segnalazioni, alle postazioni di controllo; descritta dal geografo Idrisi come piccolo borgo fortificato, ricco di acque e di un terreno coltivato a grano, venne concessa dai Normanni a Guglielmo e Matteo Bonelli.
Quest’ultimo la donò ai Cistercensi, ma successivamente venne usurpato da diversi signori. Oggi il centro conserva anche chiese del Cinquecento (Chiesa Madre) e del Seicento, ed antiche tradizioni come il famoso “abballu di li diavuli” (ballo dei diavoli) che si svolge a Pasqua, un rito tra il sacro ed il profano, sulla lotta bene/male che sembra affondare le sue radici all’epoca dei Sicani.
Castronovo sorge sul versante opposto della riserva, sovrastata dal monte Kassar, dove sull’altopiano sono state rinvenute tracce di un insediamento ellenizzato. In posizione strategica sullo spartiacque delle vallate dei fiumi Platani e Torto, ebbe un importante ruolo nelle guerre tra Greci e Punici.
Distrutto probabilmente dai Romani, il sito fu abbandonato e gli abitanti si spostarono sul colle di San Vitale, che conserva i ruderi del castello medievale e di alcune chiese antecedenti, tra le quali molto interessante è quella di San Giorgio, conosciuta col nome del Giudice Giusto (rimangono tre absidi che erano decorate con affreschi di tradizione bizantina, ricollocati in una chiesa del centro abitato).
Tra il IX ed l’XI sec. sorsero borghi, sul pianoro sottostante la scoscesa cresta rocciosa, che successivamente furono cinti da mura e, prescelti dai Padri Carmelitani e Conventuali di S. Francesco, divennero il sito abitativo definitivo: la rocca di San Vitale fu lentamente abbandonata e dentro la nuova cinta muraria nel 1404 fu edificata la chiesa Madre della SS. Trinità.
Contesa da vari feudatari, divenne capoluogo di comarca (giurisdizione su 11 terre baronali) fino al 1813, quando iniziò la sua decadenza dovuta anche alla folta emigrazione. Nei pressi del paese, sulla valle del Platani, sorge la chiesa di San Pietro dove si racconta che si riunì contro il re, ad opera di Manfredi III Chiaramonte, il Parlamento Siciliano nel 1391 (suo figlio Andrea, seguendo la politica antiaragonese del padre, venne decapitato sulla piazza antistante il suo Palazzo di Palermo da Martino I d’Aragona).
Oggi Castronovo conserva l’antico tessuto urbano, molto compromesso dalle recenti trasformazioni, ed edifici che testimoniano un passato vivace di cui restano il fonte Regio, la Chiesa di S. Caterina, il convento dei Cappuccini, la Matrice col portale laterale ed alcune finestre ogivali della costruzione originaria e il Municipio alloggiato nell’antico convento francescano.
 

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